Da oggi le memorie di domani

27 Maggio 2008 0 di Elvio

Nel 1971 Leon Chua, professore dell’Università di Berkeley in California, l’aveva previsto: oltre a induttore, resistore e condensatore, nei circuiti doveva esserci dell’altro. Con le sue brillanti equazioni matematiche, teorizzò l’esistenza di un quarto elemento fondamentale della teoria dei circuiti, che possiede proprietà non riproducibili dalla combinazione degli altri tre elementi. Per 35 anni del memristore (così era stato chiamato il quarto elemento mancante), non s’è avuta traccia. Ultimamente invece, alcuni ricercatori dei laboratori HP sembrano esserci riusciti: con un articolo pubblicato su Nature hanno annunciato di aver individuato una tecnica per costruire dispositivi con le caratteristiche teorizzate da Chua, e di essere pronti ad invadere il mercato con questa tecnologia entro pochi anni. R. Stanley Williams, capo del Quantum System Lab che ha costruito il prototipo ha detto: “Realizzando un modello matematico per la fisica del memristore, HP Labs ha reso possibile lo sviluppo di circuiti integrati che potranno migliorare drasticamente le performance e l’efficienza energetica di PC e datacenter” (nell’immagine si vede di una batteria di memristori al microscopio). Un memristore è una sorta di resistore variabile: in base alla quantità e al verso della corrente che lo attraversa è in grado di variare la propria resistenza, secondo una legge precisa caratterizzata dalle sue proprietà fisiche. La vera particolarità del memristore, tuttavia, è la capacità di ricordare: anche se disattivato, se privato dell’alimentazione, nel dispositivo resta una traccia dello stato precedente, prontamente disponibile una volta venga di nuovo chiamato in causa. Un componente simile potrà rivoluzionare il mondo dell’informatica. Potrà finalmente mettere fine ai lunghi tempi di boot dei computer, rivoluzionando il modo stesso di concepire il computing. Inoltre se i computer fossero quindi creati con circuiti memristori, la loro memoria potrebbe essere conservata anche quando il circuito è spento: il risultato sarebbe un sistema reattivo, che si carica istantaneamente quando i memristori tornano allo stato precedente. Il motivo per il quale è stato possibile realizzare un memristore solo dopo 37 anni dalla sua scoperta teorica, è da ricercare nel progresso tecnologico. Infatti solo nel 2008 il team di ricercatori è riuscito a sviluppare una pellicola nanoscopica di diossido di titanio tra due nastri di platino, dello spessore di 5 nanometri ciascuno (un decimillesimo del diametro di un capello). Nonostante la teoria affermi che il valore della “memresistenza” sia data dalla variazione del flusso magnetico in funzione della carica elettrica, il dispositivo non usa né un flusso magnetico né immagazzina una carica elettrica, invece fornisce una resistenza dipendente dalla storia della corrente, usando un meccanismo chimico. Quando viene applicato un campo elettrico, le lacune di ossigeno si spostano, variando il confine tra i due strati. Per questo motivo, la resistenza complessiva della pellicola, che dipende dal numero di cariche che si sono spostate, può variare a seconda della direzione assunta dalla corrente che fluisce nel memristore. Secondo i ricercatori si tratta di una scoperta che potrebbe rivoluzionare il settore delle memorie, sostituendo le attuali DRAM. Nel prossimo futuro potrebbero esserci memorie che conservano i dati in mancanza di alimentazione, che non si degradano a causa dei ripetuti accessi (come accade nelle memorie a stato solido), che non richiedono il caricamento dei dati dal disco rigido durante un’operazione di ripristino dallo stato di sleep. A tutto ciò si aggiunge un enorme risparmio energetico; infatti, il memristore può essere tranquillamente spento riducendo al minimo i consumi. Un’altra applicazione della tecnologia potrebbe riguardare lo sviluppo di computer che ricordano e associano una serie di forme geometriche, replicando alcune funzioni del cervello umano. In questo modo si potrebbe migliorare la tecnologia di riconoscimento facciale e, addirittura, creare intelligenze artificiali che imparino dall’esperienza e siano dotate di capacità decisionali. Un saluto