I gentlemen congolesi che fanno tendenza

11 Aprile 2010 0 di pata

Nel 2007 Daniele Tamagni (un fotografo italiano) vinse il Young Photographers Canon Awar con il suo lavoro Gentlemen of Bacongo, che ritraeva i Sapeurs Congolesi di Bacongo (un sobborgo di Brazzaville).

Questo bel lavoro fotografico, molto colorato e vivave, dai contrasti fortissimi tra i toni scuri della pelle dei personaggi ed i vestiti elegantissimi e coloratissimi, è tornato questi giorni alla ribalta.
Paul Smith (uno stilista inglese molto particolare) infatti, si è ispirato proprio a questo bel lavoro ed ai ‘sapeur’ congolesi per creare la sua ultima collezione primavera estate 2010. Una vera e propria esplosione di colori, molto giocosa che descrive il dominio colonialista non solo a livello storico culturale, ma anche dell’abbigliamento.

Ma chi sono i Sapeur? Prendono il nome da Jean Sapeur e sono uomini africani che vengono definiti cultori dell’eleganza.

Li si possono incontrare nei quartieri di Bacongo, di Brazzaville ma anche a Matonge e Kinshasa, appartengono alle più disparate classi sociali e fanno i più variegati mestieri e professioni.
A volte si schiariscono la pelle e scelgono con cura i loro abiti (solitamente in tinte chiare e pastello), calzano scarpe all’ultima moda e non mancano mai di cravatta vistosa e fazzoletto al taschino.
Fanno enormi sacrifici per indossare questo tipo di abbigliamento, ma a loro quasi non importa, sono dei veri e propri creativi. Il loro fine è farsi ammirare e pavoneggiarsi quando passeggiano lungo le vie della città o del quartiere. La gente li cerca e li invita nelle feste delle grandi occasioni come matrimoni e funerali.

La storia di Jean Sapeur dalle parole del pronipote

Prima di mio padre, mio nonno e ancor prima il mio bisnonno, erano tutti stati dei ‘Grand’ ovvero erano andati a Parigi e ritornati in Congo guadagnandosi così l’onorificenza di Grand, ovvero di aristocratico di eleganza suprema.
La mia famiglia, è originaria della Costa D’Avorio, ma vivevamo a Brazzaville in Congo. Fin da bambino, accompagnavo mio padre che faceva il sapeur, a matrimoni, feste, funerali e a tutti quegli avvenimenti che richiedevano la presenza di un sapeur.
Usavano dormire tutta la mattina poi, verso mezzogiorno, si facevano portare la colazione in camera e incominciavano la vestizione. A Bakongo, un quartiere popolare e polveroso di Brazzaville, faceva sempre un caldo torrido e la gente girava con l’ombrello aperto vestita per lo più con calzoncini, ciabatte e maglietta.
Ma i sapeur mai, verso le quattro e mezza, uscivano in abito grigio, cravatta, cappello, camicia sempre di un bianco immacolato e persino guanti neri e bastone da passeggio per andare a presenziare qualche cerimonia.
Da noi, se uno non si può permettere di pagare un sapeur, vuol dire che non sta messo bene e allora la gente fa i sacrifici per affittarne uno.
Quando mio padre Wemba usciva di casa, la gente nel caldo soffocante applaudiva e gridava “Sei perfetto, sei un vero Grand”. Essere un sapeur è molto più che vestirsi elegantemente, è una filosofia di vita e bisogna essere ammessi alla “Sociètè d’ambianceurs et personne èlègantes” di Khinshasa. Tutti i ministri e i personaggi più importanti dell’Africa hanno imparato a vestirsi da mio nonno Bastiàn o da papà Wemba.
Anch’io a Brazzaville ero un sapeur, poi per diventare un Grand sono andato a Parigi dove ho vissuto gli ultimi 5 anni prima di venire a vivere a Milano.

E c’è chi poi dice che in Congo si fa la fame! Bacioni.