Il debito che ci uccide
20 Gennaio 2012E’ ormai risaputo anche dai poppanti che il debito pubblico italiano ha raggiunto livelli insopportabili con l’aspetto inquietante che, per metà, è in mano a soggetti stranieri.
Nel 1837 Benjamin Disraeli (un famoso politico e scrittore britannico) scriveva: ‘Il debito è padre di una numerosa figliolanza di follie e di delitti’ perché ogni debitore finisce, prima o poi, per avventurarsi in comportamenti irrazionali o fare errori che porteranno a danneggiare ulteriormente la propria posizione già precaria. Peggio ancora se si tratta di uno Stato sovrano, che è, per natura, in grado di impegnare la responsabilità delle proprie azioni fino alle future generazioni.
Uno Stato che normalmente spende più di quanto incassa, potrà coprire l’ammanco economico solo emettendo titoli di debito. In questo modo però, più il debito cresce, più lo Stato debitore incontrerà difficoltà nel restituirlo.
Meno ovvio però, per lo stato, è la notevole differenza di avere una maggioranza di cittadini creditori o una maggioranza di creditori stranieri.
Fino a pochi anni fa i titoli di Stato erano la forma d’investimento in cui confluivano i risparmi delle famiglie italiane. Secondo la Banca d’Italia, nel 1995 il 90% del debito pubblico era interamente nelle mani di investitori italiani. Ce lo ricorda anche la storia economica italiana che questo rapporto ha rappresentato, nelle nazioni democratiche dall’illuminismo in poi, il più forte legame tra lo Stato ed il suo popolo.
I cittadini, essendo creditori dello Stato, erano cointeressati alla gestione delle finanze pubbliche e lo Stato, da parte sua, si sentiva obbligato a fare buon uso dei fondi introitati attraverso il debito; di conseguenza gli obiettivi di governanti e governati finivano per essere gli stessi.
Ultimamente però in Italia (e diversamente dagli altri Paesi europei), tali interessi sono quantomai devenuti distanti, fino a portare a delle distorsioni devastanti che riassumo in pochi punti:
– inizialmente per coprire il deficit senza aumentare il debito si sarebbero dovute aumentare le tasse; in questo modo però i governi avrebbero perso consenso ed elezioni
– per evitare ciò si è preferito indebitare lo Stato lasciando i soldi in tasca agli italiani; la successiva illusione di farli arricchire investendo in Bot e Btp ha portato comunque a dover aumentare le tasse per pagar loro gli interessi
– ora, solo per il costo degli interessi sul debito, il bilancio statale si è appesantito in modo impressionante
– nel frattempo i ricchi hanno guadagnato a dismisura con i nostri titoli di Stato che hanno dato loro una rendita sicura e pure alti interessi
– interessi poi dovranno essere pagati dai pochi e modesti contribuenti che non potranno esimersi di evedere le tasse (operai, impiegati e poveracci)
– questa rendita succulenta e sicura è stata ulteriormente garantita da una tassazione ridicola (ad un’unica aliquota del 12,5%) varata dalla riforma Visco sul finire degli anni Novanta
– in pratica in questa situazione incresciosa, gli italiani più ricchi hanno pagato meno tasse ed hanno fatto quasi raddoppiare il debito comune
– un vero pasticcio finanziario che ha portato ad aumentare il gap sociale contribuendo a rendere i ricchi ancora più ricchi e i poveri più poveri (non a caso l’OCSE rivela che negli ultimi 15 anni la differenza tra ricchi e poveri in Italia è aumentata di 3 volte rispetto alla media europea).
Il debito attuale ammonta a quasi 1.900 miliardi di euro (oltre il 120% del PIL), che ci porta ad essere l’ottavo Paese più indebitato al mondo.
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Oggi, a causa della sopraggiunta povertà della maggior parte delle famiglie italiane, la situazione è mutata: si è drasticamente ridotto il risparmio in titoli di Stato ed è enormemente cresciuta la quota di debito in mano ai soggetti stranieri.
Questa situazione espone però il Paese a gravissimi rischi e problemi.
Il debito ha l’effetto di incrementare le esportazioni dal Paese creditore al debitore, favorendone la competitività delle proprie industrie e orientandone le scelte commerciali e strategiche a proprio vantaggio.
Un altro aspetto da considerare in un Paese che sottoscrive il debito pubblico di un altro è che, oltre ad investire la propria liquidità e garantirsi un flusso di cassa pluriennale, il creditore può ottenere, in contropartita, delle clausole vantaggiose ed esclusive nei trattati commerciali.
Ma a chi appartiene, oggi, il nostro debito pubblico?
La Francia, per esempio, detiene 511 miliardi del nostro debito, pari al 30% del debito stesso e al 20% del PIL d’oltralpe.
Ecco ora spiegato perché certi strani comportamenti a livello governativo, perché molte nostre strategiche ed importanti aziende siano state vendute recentemente ai concorrenti francesi o perché tanta premura di voler tornare al nucleare, acquistando le centrali dalla francese EDF
La Cina, ad esempio, sottoscrivendo il debito greco, ha preteso l’uso del porto del Pireo e che le future navi in dotazione alla marina di Atene, siano acquistate esclusivamente dalla Cina.
Ora che anche il nostro debito non è più in casa nostra, potrebbero essere proprio le stesse famiglie italiane a pagarne le conseguenze, ad iniziare dalle pensioni.
I 511 miliardi di debito francese che pesano come un macigno sulle nostre spalle, potrebbe essere(per i nostri covernanti) una ragione sufficiente per svendere il nostro futuro e la nostra sicurezza ai vicini d’oltralpe.
Come dice bene Beppe Grillo nel suo blog: ‘EDF è il mandante, Berlusconi e la Confindustria gli esecutori materiali ed interessati’… Il ritorno al nucleare poteva rivelarsi la più drammatica delle ‘follie del debitore’ di cui Disraeli parlava ed a pagare sarebbe semplicemente l’Italia di domani, cioè quella dei nostri figli.
E pensare che la maggioranza pensa che la causa di tutto sia l’America, il suo moderno colonialismo o le sue società di rating!!!
Pensiamoci su, saluti
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