Il recupero delle batterie al litio

10 Febbraio 2019 0 di Elvio
Esempio di pacco Li-Po

Solitamente non mi presto a dar consigli su come recuperare attrezzature e strumenti in stato di obsolescenza o fin troppo degradati dal tempo, più per l’inutilità di un lavoro che durerebbe troppo poco e perché, spesso, “il costo della ricetta non varrebbe il prezzo della medicina“.

Tuttavia è da un po’ di tempo che mi imbatto in casi in cui si intravede un vantaggio economico interessante, in casi in cui, con un minimo di lavoro, si potrebbe ottenere un recupero quasi totale del dispositivo da riparare.

Sto parlando dei pacchi batterie al litio applicati su utensili da lavoro (trapani, avvitatori, smerigliatrici, ecc.), overboard, biciclette o mezzi elettrici di locomozione.

Esempio di BMS per LiPo a 4 elementi

In questi casi ho scoperto pacchi inservibili o diventati inutilizzabili non tanto per eccesso di usura delle batterie o per difetti, ma per uno stato irregolare di bilanciamento di carica tra le celle che impone al circuito di protezione della batteria (BMS) di interrompere la funzionalità e bloccarne l’uso (preciso che non si sta parlando di batterie a singoli elementi per smartphone né di accumulatori per laptop dove i problemi sono ben più variegati e diversi).

Ora, tenendo ben in mente il costo di tali batterie, chiunque si sarà fatto questa domanda:
ma è possibile che non vi sia un rimedio per poter recuperare il dispositivo per tirare avanti ancora qualche mese?

La risposta quasi sempre è affermativa, in verità quai sempre QUESTI PACCHI DI BATTERIE AL LITIO SI POSSONO RECUPERARE E RIPORTARE QUASI AL MASSIMO DELLA LORO EFFICIENZA CON POCA SPESA.

Iniziamo con una breve trattazione tecnica che spiega il problema sul perché questi dispositivi possono rimanereo bloccati o inutilizzabili.

andamento delle tensioni di scarica per vari tipi di Li-Po commerciali

Un singolo elemento di una batteria al litio ha un tensione di lavoro che non si discosta da quella del vostro telefonino, cioè:
tensione media di circa 3,7V con estremi variabili a seconda dei tipi che possono andare da un minimo di 3,0-3,2V (sotto la quale non dovrebbe mai scendere) a un massimo di 4,15-4,25V (oltre il quale non dovrebbe mai salire).

Le batterie al litio polimero sono accumulatori elettrici molto più leggeri di altri tipi di batterie ed hanno una autoscarica piuttosto bassa (circa il 5% mensile). Tutte queste però (comprese quelle a singolo elemento come nello smartphone), dispongono (internamente o esternamente) di un dispositivo elettronico che ne interrompe il servizio quando il livello di tensione di uno o più elementi interni scende al di sotto della soglia minima programmata (o sale oltrepassata la soglia massima consentita).

Dalla mia esperienza sono questi i motivi principali per cui una batteria, seppure ancora potenzialmente efficiente e in discreto stato funzionale, può risultare inservibile da un giorno all’altro senza aver mai manifestato alcun sintomo di degrado (ad esclusione di un manifesto calo graduale e costante della capacità di carica).

Considerando che il degrado fisico di una cella dovrebbe essere piuttosto lineare e dovrebbe tendere a peggiorare lentamente nell’arco dei 4-6 anni, non si spiega il motivo per cui, dopo 2 o 3 anni, una batteria potrebbe risultare improvvisamente inutilizzabile senza un motivo apparente.

Proviamo a spiegarci il perché.

Esempio di una batteria LiPo a 3 celle

Prendiamo una batteria di celle da 3 elementi (impropriamente dichiarata da 12 V) e andiamo a riferirci alla figura.

Come per tutte le batterie, gli elementi vengono assemblati in serie e collegati rispettivamente con polarità discordanti (+ / -, + / – fino agli estremi).
Quello che cambia quindi, rispetto alle altre tecnologie (piombo/acido, alcalino, sale, Nichel Cadmio) è la sola scheda di controllo (BMS) che serve ad evitare pericoli di incendi o esplosioni e quindi a salvaguardarci la vita.

Prundenza quindi, sia sugli elementi al litio che su altre tecnologie potenzialmente meno pericolose vi sono sempre pericoli nascosti.

Si vedono filmati sul web di persone che trattano le batterie al piombo come se fossero giocattoli ignorando le normali regole sulla sicurezza e sull’igiene.
Chi scarica batterie con cortocircuiti brutali, chi carica in inversione di polarità o aggiunge prodotti chimici all’elettrolita attivo, senza valutare i pericoli dell’acido solforico e delle sue possibili esalazioni tossiche ed esplosive.


In questa trattazione, benché si vanno ad indicare operazioni generalmente sicure, ricordiamo che non saremo mai totalmente esenti da pericoli, quindi servirà utilizzare sempre la massima prudenza, buona esperienza e la strumentazione più sicura e affidabile atta ad evitare pericoli potenziali imprevedibili.

Perché un pacco batterie si degrada precocemente.

Col susseguirsi di cariche e scariche consecutive in una batteria a più elementi, le differenze funzionali tra un elemento ed l’altro, iniziano a percepirsi già dai primi mesi di uso.
Poniamo di disporre della batteria di un avvitatore da 12V che ha subìto un anno di lavoro intensivo ed è stata lasciata a mezza carica.
Andiamo ad aprire il pacco batteria e valutiamo lo stato delle tensioni nei 3 distinti elementi.

Riferendoci alla figura precedente, poniamo come esempio, che:

  • l’elemento centrale (LiPo2) sia il più debole di tutti e indichi una tensione di 3,85V
  • il più performante sia quello più in alto (LiPo1) e indichi una tensione di 3,94V
  • l’elemento più in basso (LiPo3) sia in condizioni di carica medie e indichi una tensione di 3,90V

Come andremo a caricare il pacco, il BMS bloccherà la carica a 4,20V quindi, essendo tutti in serie, porterà gli elementi rispettivamente alle seguenti tensioni:

  • l’elemento centrale (che era il più debole) ad una tensione di 4,11V
  • il più performante (che è quello che ha bloccato la carica) ad una tensione di 4,20V
  • l’elemento in basso (in condizioni medie) ad una tensione di 4,16V

Se invece andremo ad usare la batteria fino alla fine troveremo:

  • l’elemento centrale, il più debole, sarà la causa dello spegnimento della batteria ad una tensione di 3,22V
  • quello più performante rimarrà con una carica residua importante e ad una tensione di 3.31V
  • l’elemento in basso ad una tensione di 3,27V

Ora sarà ovvio a tutti che, continuando l’uso a queste condizioni, il degrado funzionale del pacco continuerà a diminuire sempre di più perché gli estremi di tensione andranno ad accentuarsi.

Il motivo è che gli elementi più deboli non riusciranno più a caricarsi completamente come dovuto mentre gli elementi più robusti non riusciranno più a scaricarsi completamente.

Si arriverà quindi al caso limite in cui l’elemento più debole arriverà al minimo livello (di 3,22V) e non si potrà più ricaricare perché quello più prestante è ancora carico al massimo livello (4,20V) quindi il caricabatterie non potrà intervenire perché il BMS ne bloccherà a monte la ricarica.

Col BMS bloccato il caricatore segnerà difetto di batteria (in quanto nessuna corrente potrà più passare), il dispositivo andrà in errore e verrà segnalato un allarme indicante che la batteria è esausta.

La soluzione al problema, a questo punto, risulterà piuttosto semplice e risolvibile: basterà riportare tutte le tensioni dei singoli elementi allo stesso valore intervenendo con una ricarica localizzata partendo dagli elementi più deboli fino agli elementi più prestanti.

Operazione più facile a dirsi che a farsi, perché serviranno sistemi di ricarica appositi, strumenti adatti, molta pazienza e anche molto tempo.

un comune alimentatore lineare assolutamente inadatto per questo scopo

Siccome servirà ricaricare ogni singolo elemento con tensioni di carica precise e molto stabili, correnti molto intense e controllabili, scordatevi fin da subito di usare un alimentatore lineare da laboratorio che si fonderà entro la prima mezz’ora di utilizzo, la tensione andrà al massimo e l’elemento in carica scoppierà dopo pochi minuti.
Imporre a un alimentare da laboratorio di erogare dai 2 ai 3 ampere continui per un paio d’ore con uscita controllata a soli 4,2 V equivale a fargli dissipare dai 60 ai 90W in calore (a seconda del modello).
La scelta è sicuramente improponibile oltreché pericolosissima!.

Se si parla di recuperare una batteria per overboard a 36 V (da 10 elementi), sarà anche un lavoro molto lungo, dovendo intervenire su un singolo elemento alla volta si dovrà fare delle scelte obbligate: o si dispongono di più alimentatori tutti isolati tra di loro e ricaricare in contemporanea più elementi insieme o si dovrà effettuare una ricarica alla volta.

Però spendere dalle 2 alle 5 ore per elemento significa dedicare anche oltre 40 ore ad una batteria (le stesse ore lavorative di un operaio di una settimana)!

Quindi, alla fine, ne vale la pena?

… Il post finisce qui, daremo seguito alle nostre soluzioni in un futuro articolo, nel frattempo, chi ha bisogno di ribilanciare il proprio pacco batterie a prezzi interessanti ci contatti, il nostro riferimento è qui.

P.S.
Come ulteriore precisazione informo che solo sulle batterie molto più costose e performanti il BMS si occupa anche di gestire e bilanciare costantemente la carica dei singoli elementi
(equalizzazione) , nei pacchi più piccoli e comuni il BMS è molto più stupido e si limita ad interrompere lo stato di carica (o l’uso della batteria) quando un solo elemento ha superato il limite di massima o di minima tensione.

Saluti