La nascita della moneta
2 Novembre 2013Pensare ad una società umana in cui non esiste la moneta oggi è ormai inconcepibile. E’ normale, per noi, pagare un bene o stimarne il valore in valuta corrente ed ormai è così ovunque nel mondo.
Conosciamo dalla storia che la moneta esiste fin dai tempi degli antichi Greci e quindi la vediamo come presente da sempre nella storia dell’uomo e, comunque, ci appare come una costante di ogni civiltà evoluta.
Tralasciando i dettagli possiamo dire che la moneta non fu inventata, ma fu il punto di arrivo di una complessa evoluzione dei mezzi di scambio durata millenni.
Da quello che risulta dalle fonti, sembra che nessun popolo antico, abbia saputo inizialmente sottrarsi alla legge naturale del baratto. Sappiamo che popoli, anche antichissimi, riuscirono ad instaurare legami economici, a volte molto complessi, pur non conoscendo l’uso della moneta, ma basando le transazioni sullo scambio delle merci.
Ma questa forma di commercio presentava enormi inconvenienti a partire dal fatto che era sempre necessario avere con sé gli oggetti o le merci da scambiare ma le merci si potevano deteriorare ed erano ingombranti da portare in viaggi commerciali.
Si decise allora di scegliere una merce che potesse svolgere le funzioni proprie della moneta, serviva una moneta naturale variabile secondo i tempi ed i luoghi però sempre orientata verso un prodotto ricercato ma anche abbondante e facilmente reperibile.
Gli antichi popoli mediterranei si rivolsero al bestiame, ne danno testimonianza le più antiche legislazioni che fissavano le multe da pagare in buoi e pecore, ma soprattutto dal linguaggio, infatti si fanno risalire parole come pecunia (denaro), che deriva dal latino pecus (gregge), termine dal quale deriva anche la parola peculato (che in latino significa furto di armenti prima che concussione); dal calcolo della ricchezza in capi di bestiame (capita) è derivato anche il termine capitale.
Gestire però pagamenti con animali vivi era un vero problema, benché esistevano dei sottomultipli (dieci pecore erano equivalenti ad un bue) dover pagare un equivalente di mezza pecora era un vero problema perché una pecora morta valeva molto meno di una viva (per problemi di deperibilità delle carni).
Quando allora si iniziò la lavorazione dei metalli, ci si accorse che essi presentavano notevoli vantaggi rispetto al bestiame:
– erano più facili da trasportare
– le loro qualità intrinseche erano superiori rispetto a qualsiasi altra merce
– si potevano ridurre in frammenti senza che perdessero valore
– erano inalterabili
– non richiedevano manutenzione e non si deterioravano in seguito a lungo immagazzinamento
– erano facilmente riconoscibili dall’aspetto, dal suono e dal peso
– erano utili a tutti.
Una volta scelto il materiale (che rimase lo stesso fino alla comparsa della moneta vera e propria) si cercò la forma che ne rendesse più comodo l’utilizzo; la più antica fu l’anello (kikkar), perché aveva una funzione ornamentale ed il foro ne facilitava la tesaurizzazione e il trasporto.
Dalla seconda metà del II millennio a.C. fecero la loro comparsa in tutto il Mediterraneo i pani di rame egeo-cretesi, si trattava di grossi rettangoli dal peso tra i 10 e i 36 kg e dello spessore di circa 6 centimetri e presentavano una forma quasi perfettamente rettangolare. Successivi erano caratterizzati da angoli molto più sviluppati quasi a simbolizzare una pelle di bue (o un’ascia bipenne) ma in realtà sembra sia stata una esigenza tecnica che permetteva la fusione di queste piastre in serie.
A partire dal IX secolo a.C., apparve quella che gli studiosi hanno chiamato moneta utensile. Si trattava di strumenti della vita quotidiana che venivano utilizzati come moneta pur mantenendo, almeno in origine, la loro funzione pratica.
Fino al VII secolo a.C. le coste dell’Asia Minore erano abitate da greci dediti al commercio marittimo e la situazione degli scambi doveva essere pressappoco la seguente:
– per gli scambi quotidiani di piccola entità si ricorreva, oltre che al baratto, alla moneta utensile
– per i pagamenti più consistenti e per i traffici internazionali si ricorreva all’oro e all’argento fuso in anelli oppure in lingotti.
Successivamente questi anelli e lingotti andranno via via scomparendo per lasciare il posto a piccoli pezzi di metallo prezioso solitamente a forma di goccia costituiti da elettro (una lega naturale di argento e oro). A seguito di ciò alcuni mercanti ed alcuni santuari (che avevano funzione di banche) cominciarono a contrassegnare questi pezzi con una loro impronta o con il loro sigillo a garanzia che il peso del pezzo era esatto e che la sua lega era autentica.
Il compratore era libero di accettare o meno questa garanzia, ma qualora accorda questa fiducia ed accetta la garanzia rappresentata dal punzone, sarà dispensato dal ricorrere ogni volta alla verifica del titolo (e del peso) alla bilancia ed alla pietra di paragone.
Stiamo arrivando allora ad una vera e propria moneta privata e ci si accorge che la goccia di metallo prezioso viene accettata proprio in virtù del sigillo apposto.
Proprio a questo punto interviene lo Stato, la cui garanzia è senza dubbio superiore a quella di qualsiasi mercante e si arroga il diritto di battere moneta, vietando ogni ulteriore emissione da parte di privati.
Imprime allora il proprio simbolo (generalmente il dio protettore della città) e con esse paga i servizi resi alla comunità e al tempo stesso ne incamera le tasse.
Fu così che nacque la moneta e si diffuse velocemente nella Grecia continentale e in tutte le colonie dell’Italia meridionale.
La moneta non era solo uno strumento economico, ma divenne, un segnale dell’esistenza e della autonomia della polis.
Ormai ogni città greca batteva la propria moneta cercando di caratterizzarla e di renderla immediatamente riconoscibile a chi la teneva in mano. Nascono così figurazioni che resteranno per secoli caratteristiche di una città: la civetta sulle monete di Atene, la tartaruga su quelle di Egina, il cavallo alato su quelle di Corinto sono solo alcuni illustri esempi.
Ma furono necessari ancora molti anni e la formazione di due grandi imperi prima che la moneta si imponesse in tutto il mondo conosciuto: l’impero di Alessandro Magno e l’Impero Romano e fu proprio grazie a quest’ultimo che la moneta si impose in ogni angolo d’Europa giungendo, attraverso i secoli, fino a noi.
Con l’avvento dell’Impero Romano, comunque, possiamo considerare conclusa la lunga fase dello sviluppo della moneta; essa, col passare dei secoli, rimarrà sostanzialmente identica a quella del modello romano pur con alcune piccole innovazioni.
La più importante può essere considerata la zigrinatura che indica quelle incisioni trasversali che ancor oggi si trovano lungo il bordo delle monete.
Questo stratagemma servì per porre rimedio al dilagante fenomeno della tosatura che era l’abitudine di raschiare le monete d’oro lungo il bordo per ottenerne polvere di metallo prezioso e causandone una diminuzione di peso. Con la zigrinatura questa operazione divenne impraticabile ed ancor oggi rimane sulle nostre monete una traccia di quel periodo in cui il valore delle monete era dato dal materiale di cui erano fatte.
Oggi il valore nominale delle monete non corrisponde più al valore reale del metallo di cui sono costituite e nemmeno vi è più corrispondenza tra moneta (o banconota) e riserve auree dello stato responsabile del conio; questo, di fatto, ha portato a problemi gravissimi sull’intera economia mondiale, ma è un problema molto complesso di cui contiamo di parlarne nei prossimi articoli. Continuate a seguirci.
Saluti
tratto da: Giovanni Svevo
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