L’influenza sociale della tecnologia

12 Giugno 2012 0 di Elvio

Il carattere essenziale della tecnologia (intesa come produttrice di strumenti per la conoscenza e l’azione) nei confronti dell’uomo è rivelato dalla retroazione che le innovazioni tecniche esercitano sugli esseri umani e sulla intera società.

L’evoluzione biologica e quella tecnologica si sono ormai così intrecciate in una involuzione biotecnologica in cui agiscono contemporaneamente meccanismi darwiniani e meccanismi lamarckiani.

Al centro di questa evoluzione vi è una successione di uomini ibridi biotecnologici, ciascuno dei quali è caratterizzato da dosi sempre più massicce di tecnologia che funge da stimolo per potenziare particolari attitudini fisiche o cognitive e ne indebolisce (o ne annulla) delle altre.

La velocità sempre più elevata dell’innovazione tecnica accentua questo squilibrio e spinge a delegare alle macchine una gamma sempre crescente di azioni, funzioni e perfino decisioni.

In particolare, le tecnologie dell’informazione hanno potenziato le capacità computo-razionali dell’uomo a scapito delle sue tradizionali facoltà emotive, etiche, estetiche ed espressive.

Da uno studio condotto da Nicholas Christakis, medico, ricercatore sociale e docente all’università di Harvard, è risultato che i social network su internet non hanno quasi niente a che fare con le relazioni sociali, quelle vere, intime e durature. Per Christakis, Facebook assomiglia molto più alle telenovelas di una volta: con la differenza che le storie in cui possiamo immedesimarci non sono più interpretate da attori sconosciuti, ma da persone che conosciamo davvero, nella vita reale.

È possibile quindi che un individuo con 50 mila seguaci su Twitter sia in realtà un asociale come il fatto che un numero sempre maggiore di piattaforme virtuali si rivolgano agli uomini in cerca di una ragazza single perché semplicemente questi ultimi non sono ormai più in grado di sapersi comportare davanti ad una ragazza in carne ed ossa.

Questo particolare effetto tecnologico provoca quindi squilibri e disadattamenti crescenti soprattutto per le nuove generazioni, che sono spesso causa di gravi rigetti e sofferenze sociali.

L’attività cognitiva dell’uomo rimane così profondamente influenzata da questa delega, che agevola il passaggio dall’attività scientifica, in cui si privilegia la conoscenza analitica e la capacità di previsione, all’attività tecnica, in cui si privilegia l’intervento pratico e la capacità di azione.

In questo panorama in ebollizione, è difficile individuare punti di riferimento: l’etica e l’estetica sono continuamente lacerate e non hanno nemmeno il tempo di consolidarsi perché tutto accade e si muove troppo in fretta rispetto alle capacità di adattamento della parte biologica dell’uomo, quindi lo sforzo di analisi, necessario per la comprensione delle dinamiche in corso, non è quasi mai sufficiente per indirizzarle.

Questo avanzare continuo ed inarrestabile della tecnologia provoca un pesante senso di disadattamento. 
La sensazione di incapacità a pareggiarsi con essa e la conseguente impossibilità di prevederla nel medio o nel lungo termine, crea frustrazioni e sensazione di generale impotenza.

Per questo, l’uomo frustrato dalla sua stessa tecnologia, tende a rinchiudersi in degli schemi sempre più stretti, la vita sociale si riduce e la paura verso gli altri cresce proporzionatamente al livello bio-tecnologico raggiunto.

Benvenuti nel ventunesimo secolo!

Un saluto